L'autore

Chi sono?

 

Chi sono, da dove vengo e dove vado? Mi pongo lecite domande. Se non me le ponessi, lo farebbe l'inconscio, sempre che non lo sappia già. C'è una parte di me difficile da sondare. È custodita nel profondo dell'essere e si scopre con timidezza. Vi accedo solo quando sono preparato per capire e accettare, con la consapevolezza che conoscerò il mistero della vita solo in parte.

 

Perciò viaggio, vivo, così saprò chi sono e da dove vengo e forse chi sarò.

 

L'infanzia, l'adolescenza

 

Sono nato a Lugano, in un’estate calda, quando nei Jukebox si ascoltava “Nel blu, dipinto di blu“. Sono cresciuto nel quartiere popolare di Molino Nuovo. Il casone della curia vescovile, in via Beltramina, è stato per i miei primi vent’anni la mia casa. Eravamo una famiglia numerosa, perciò era impossibile non interagire con gli altri membri, quando mi sedevo alla stessa tavola, o dividevamo la medesima stanza o giocavamo. Mi era impossibile ignorare lo stato d'animo degli altri, le loro storie, le avventure, gli umori e gli amori. Era impossibile non ascoltare la loro musica, leggere o sfogliare i medesimi libri. A volte era difficile riconoscere dove l'altro finiva e dove io cominciavo: un caos emozionale, ma un indescrivibile arricchimento. Il quartiere di Molino Nuovo è ben situato, il che mi aveva permesso di facilmente raggiungere a piedi la foce del fiume Cassarate, il centro cittadino e la riva del lago. Inoltre, le pendici delle montagne sono vicine ed era facile allontanarmi da casa per arrampicarmi su per i pendii boschivi e rocciosi dei monti. Fuori di casa s'incontrava sempre qualcuno, e succedeva sovente qualcosa, anche vicende da “I ragazzi della via Pal”.

 

La vita professionale

 

A vent’anni, dopo l’apprendistato e gli studi commerciali, fui spinto dal desiderio di conoscere nuovi luoghi e ad imparare altre lingue, dando piorità al francese che mi piaceva tanto. Lasciai Lugano, pensando di ritornare l'anno dopo, ma a Ginevra vi rimasi per quasi dieci anni. Poi, avendo la necessita d’imparare il tedesco, e per avvicinarmi al Ticino, mi recai nella Svizzera interna, prima a Lucerna, poi a Zurigo fino al termine dell'attività professionale. La professione mi permise di viaggiare molto per l’Europa e per le Americhe. A Città del Messico vi rimasi due anni.

 

 

Il rocciatore e l'alpinista

 

Per me la montagna è una grandissima storia, ricca d'avvenimenti, di avventure, di profonde amicizie e di grandiosi paesaggi. L’amore per essa l’ho ricevuto da mio padre, ma senz’altro mia madre che era del Vallese, nata nel cuore dell’Arco Alpino, vi ha in parte contribuito. Mi aveva affascinato il materiale di montagna che mio padre custodiva in cantina: una corda di canapa indiana di color rosso, gli occhiali da ghiacciaio e la sua giacca di montagna, in tela nera. Lo ricordo ritratto in una foto in bianco e nero mentre saliva in cordata al Monte Rosa. Ed era impossibile per me non rimanere affascinato e attratto dalle rocce calcaree che vedevo dalla finestra di casa mia: i Denti della Vecchia o Canne d'Organo.

 

Foto dei Denti della Vecchia: A. Magistri

 

 

I viaggi

 

Viaggio quando posso, per vedere, per scoprire, per imparare, per incontrare, per riflettermi. Se non viaggio con il corpo, allora lo faccio con la mente. So fermarmi, per riprendere fiato, cogliendo il quieto mobile della vita.

 

Arte, fotografia, cucina

 

Mia moglie è una pittrice, quindi amo il mondo dell’arte e tutto ciò che riguarda l’arte visuale, come la fotografia, la cinematografia, l’architettura, la paesaggistica e il design. Mi piace cucinare, prediligendo la cucina italiana e mediterranea.

 

 

Il narratore, il poeta

 

A volte il cantastorie che c'è in me assume con la sua scrittura un valore testimoniale, senza però diventare cronaca; se così fosse, smetterebbe di scrivere.

 

Il tempo che v’investo assume una propria vita. Scrivendo indago su me stesso, scandaglio i miei abissi, rispondo a dei quesiti, mi pongo nuove domande e cerco di capire, fino ai limiti del possibile, la mia indole. Oltre rimane il mistero. Scrivendo, intrattengo me stesso. Nei racconti, così come nella poesia, alcuni fatti sono testimonianze di esperienze personali, di conversazioni, di pensieri o scambi d’opinione con persone reali, altri sono puramente fittivi. Per chi mi legge,  non è importante sapere quale fatto o circostanza sia vera o no. Quello che conta sono i luoghi comuni, le esperienze analoghe, che possono indurre a nuove riflessioni sul proprio vissuto.